Quando si affronta il tema dei margini aziendali, spesso l’attenzione si concentra sulla gestione dei fornitori, sulle dinamiche di acquisto o su strategie di pricing. Sono tutte aree fondamentali, certo, ma non esauriscono il quadro delle leve operative su cui è possibile intervenire. C’è infatti un ambito strategico, spesso considerato solo in termini di “costo fisso”, che può rivelarsi decisivo per migliorare l’efficienza generale dell’impresa: il personale.
Il personale non è un costo, è una leva
Parlare di personale come di un “costo obbligato” è una semplificazione che rischia di far perdere di vista il suo valore strategico. Le persone che compongono l’organico aziendale rappresentano una risorsa chiave per lo sviluppo e il successo di qualunque realtà produttiva o di servizio. Naturalmente il costo del lavoro incide in modo significativo sulla struttura dei costi complessivi, e per questo deve essere gestito con attenzione e competenza. Ma la soluzione non può essere ridotta a una logica di tagli o riduzioni indiscriminate. Una scelta simile, se non supportata da un’analisi approfondita, rischia di compromettere il funzionamento dei processi e di generare inefficienze ancora maggiori.
Da dove partire? L’analisi quantitativa e qualitativa dell’organico
Per intervenire in modo efficace sui costi legati al personale, il primo passo è conoscere a fondo la situazione esistente. Questo significa, innanzitutto, comprendere se l’organico attuale sia adeguato rispetto ai volumi di lavoro richiesti, se vi siano aree in sofferenza o sovraccarichi cronici, e se le competenze presenti siano coerenti con gli obiettivi strategici dell’azienda.
In alcuni casi, un numero di dipendenti apparentemente “sufficiente” può nascondere squilibri organizzativi, inefficienze operative o una cattiva distribuzione dei carichi. In altri casi, si riscontra un utilizzo massiccio di straordinari, che non solo comporta un aggravio economico, ma può anche incidere negativamente sulla motivazione e sul benessere dei lavoratori. Monitorare questi aspetti è essenziale per avere una visione completa e oggettiva della situazione.
L’opportunità degli incentivi e delle nuove modalità di lavoro
Un ulteriore ambito da esplorare riguarda gli incentivi all’assunzione e le politiche di flessibilità lavorativa. Negli ultimi anni sono state introdotte numerose misure, a livello nazionale e locale, per favorire l’inserimento lavorativo, sostenere l’occupazione giovanile, femminile o in particolari aree geografiche. Conoscerle e saperle applicare può fare la differenza in fase di pianificazione delle risorse.
Allo stesso tempo, l’introduzione dello smart working, dove applicabile, può contribuire a migliorare la produttività, ridurre i costi indiretti (ad esempio quelli legati agli spazi fisici) e aumentare la soddisfazione del personale. Lavorare per obiettivi, piuttosto che per orari rigidi, può incentivare l’efficienza, favorendo un clima aziendale più orientato ai risultati.
L’analisi Make or Buy: produrre internamente o esternalizzare?
Uno strumento strategico molto utile in questa riflessione è l’analisi Make or Buy. Si tratta di una valutazione che consente di decidere, in maniera razionale e documentata, se convenga eseguire una determinata attività all’interno dell’azienda o se sia più vantaggioso affidarla all’esterno, a fornitori specializzati.
Optare per il make, ovvero per una gestione interna, significa mantenere il controllo diretto sul processo, sulla qualità e sui tempi. Ma comporta anche una serie di oneri fissi, sia in termini di strutture che di personale. Scegliere il buy, invece, permette di alleggerire la struttura e di trasformare un costo fisso in un costo variabile, con maggiore flessibilità e talvolta risparmi significativi.
Esternalizzare, però, richiede attenzione: riduce il controllo diretto, può comportare vincoli contrattuali e talvolta rende più complessa la gestione del servizio. Per questo motivo l’analisi Make or Buy va condotta con criteri oggettivi, considerando tutti i fattori in gioco, compreso l’impatto sul personale interno. Non è solo una scelta economica, ma anche organizzativa e strategica.
Il valore della formazione e del welfare
Un altro ambito spesso sottovalutato è quello della formazione e del welfare aziendale. Investire in percorsi di aggiornamento professionale non è un costo accessorio, ma un modo per aumentare l’efficienza e la qualità del lavoro svolto. Un personale formato commette meno errori, impiega meno tempo per eseguire le attività e sa adattarsi più rapidamente ai cambiamenti.
Il welfare, dal canto suo, rappresenta uno strumento di fidelizzazione e di benessere. Un dipendente che si sente valorizzato, tutelato e motivato è anche più produttivo, più collaborativo e più orientato a contribuire attivamente al miglioramento dei risultati aziendali. Elementi come flessibilità oraria, benefit personalizzati o servizi di supporto possono incidere positivamente sul clima interno e ridurre i costi nascosti legati al turnover, all’assenteismo e al calo di motivazione.
Una gestione consapevole per un’azienda più solida
L’analisi del personale, se condotta con metodo e lungimiranza, non è uno strumento per “tagliare i costi”, ma una leva per migliorare la competitività dell’intera organizzazione. Significa ottimizzare le risorse esistenti, valorizzare i talenti interni, e al tempo stesso rendere la struttura più flessibile e reattiva.
Rivedere l’organico, introdurre nuove modalità organizzative, valutare l’outsourcing, investire nella formazione: sono tutte azioni che richiedono tempo, competenza e visione. Ma i risultati che possono generare — in termini di margini, efficienza e qualità — ne giustificano pienamente l’impegno.
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