Siamo imprenditori, abbiamo avuto il coraggio e la tenacia di metterci in proprio e speriamo che la nostra attività sia longeva e redditizia. Sicuramente tra i nostri obiettivi rientrano la crescita e l’incremento della redditività, obiettivi raggiungibili anche tramite l’investimento. Quest’ultimo però, richiede dei fondi, spesso cospicui, ma dove trovarli? In banca ovviamente.
È proprio da questo punto che inizia il nostro approfondimento di oggi, ovvero il ricorso all’indebitamento bancario, focalizzandoci sugli aspetti che l’imprenditore dovrebbe considerare per ricorrere al prestito.
Com’è noto, le imprese italiane sono quasi sempre sottocapitalizzate, pertanto il ricorso all’indebitamento, per lo più bancario, è il principale strumento per lo sviluppo.
Ricorrere al debito di terzi tuttavia, non è un aspetto da sottovalutare: le richieste sono tante e la stretta creditizia da parte del ceto bancario è, ahimè, sempre più evidente. Occorre pertanto che l’imprenditore presti molta attenzione al suo approccio con le banche e impari a porsi delle domande. Solo in questo modo maturerà quella che vorremmo diventasse la parola chiave di oggi, ossia consapevolezza. Più un imprenditore è consapevole infatti, migliori saranno i suoi risultati.
La consapevolezza, come già detto, prevede il fatto di porsi alcune domande. È proprio per questo che vogliamo dare degli spunti di riflessione in merito alle 4 principali domande che l’imprenditore deve porsi; queste sono domande che il mondo bancario sicuramente si pone, quindi… meglio arrivare preparati!
Vediamo ora insieme la prima domanda!
Quanto debito posso permettermi in termini di ammontare massimo? (regola dell’Amounts matching).
Per rispondere a questa domanda è necessario partire dal presupposto che la finanza del debito si fa con l’attivo e non con il passivo.
Ma questo che vuol dire? Significa che per determinare l’importo del finanziamento da richiedere ai nostri finanziatori, bisogna guardare l’attivo aziendale. Ma l’attivo da bilancio, vi chiederete? La risposta è no. Bisogna considerare il valore reale dell’attivo, ossia il valore che l’attivo avrebbe se l’imprenditore domani decidesse di vendere la sua azienda; in altre parole bisogna avere un’ottica liquidatoria. L’ammontare dell’indebitamento, deve quindi al massimo essere pari al valore di liquidazione dell’attivo. E perchè? Perchè sarebbe su quella disponibilità che realmente potrei contare, se ne avessi bisogno per restituire questo denaro; infatti l’attivo contabile potrebbe risultare gonfiato, quindi non realistico e caratterizzato ad esempio da un magazzino sovrastimato o da crediti che non sono tutti esigibili.
Sovrastimare l’attivo e nascondere le perdite porta inevitabilmente non solo al dissesto, ma anche all’entrata in gioco della responsabilità degli amministratori (ricordiamo quanto previsto dagli articoli 2086 e 2476 del Codice civile). È importante quindi che gli imprenditori riflettano su questi aspetti non solo ai fini del ricorso all’indebitamento, ma anche per essere pronti e preparati alla completa entrata in vigore del nuovo Codice della crisi d’impresa, come già illustrato in un nostro precedentemente approfondimento.